
SE RACCONTERÒ FANDONIE, NON SARÀ UNA NOVITÀ…

MIMESIS
INGE FELTRINELLI. LA LUCE CHE ABITA I LIBRI

Il 13 settembre scorso, in occasione della apertura di Germinale Art Fest, la via principale di Villadeati è stata intitolata a Inge Feltrinelli, nel luogo che lei chiamava il suo Buen Retiro. Un tributo alla donna che ha rivoluzionato l’editoria italiana, fotografa instancabile e spirito curioso, esempio di libertà, passione e intelligenza.
E’ Viiladeati un piccolo comune che svetta tra le colline del Monferrato. Conta 458 abitanti, 459 da poco più di un mese, quando, dopo venti anni di vita milanese, ho chiesto lo spostamento di residenza, regalando al mio cuore un futuro monferrino. Come può sembrare piccola questa realtà guardata dai margini delle circonvallazioni di Milano, eppure, nel suo DNA c’è una medaglia d’argento al valore civile in memoria dei caduti sotto la rappresaglia nazista nell’ottobre del 1944 e c’è il castello che la domina, acquistato nei primi Anni Sessanta del secolo scorso dalla famiglia Feltrinelli.
Quel pomeriggio di settembre, mentre il Sindaco, Angelo Ferro, e Carlo Feltrinelli scoprivano la targa di intitolazione della via a Inge, è stato come se dentro di me si cucissero le anime, si armonizzassero le tracce, un filo che lega Villadeati a Milano, un buon viatico, un dialogo che si estende al domani. E la storia di Inge, donna capace di rivoluzioni personali e culturali, credo che possa trovare posto nella nostra rubrica “con il cuore, un foglio e una penna”, riuscendo a parlare alle nostre piccole socie che sognano un futuro nella scrittura.
Inge Schönthal nacque ad Amburgo nel 1930, in un’Europa dai cieli sempre più foschi, figlia di padre ebreo e madre tedesca, che la chiamavano teneramente Ingemaus (Inge topolina), titolo anche della biografia scritta da Marco Meier, pubblicata da Feltrinelli, il racconto degli anni da bambina, fanciulla, giovane donna. Additata come mezzosangue, la piccola Inge rischiava di finire nelle maglie feroci del nazismo, ma la madre, forte e combattiva, riuscì a sottrarla a un tragico destino e a darle la possibilità di studiare. Senza padre, costretto a fuggire in America, Inge crebbe curiosa e appassionata di libri, imparando presto che proprio la curiosità è principio di libertà e che la libertà, per essere viva, ha bisogno di nutrirsi di incontri, di esperienze, di storie. Non sembra tanto vicina questa storia a quella di molti ragazzi che sono e sono passati in Piccioletta?
Giovanissima, Inge si avvicinò alla fotografia, scoprendo in sé la naturalezza di chi sa guardare dietro l’obiettivo per cercare nelle cose il battito umano e una grande determinazione nell’imparare tecniche e linguaggi e perseguire il suo sogno.
Negli anni Cinquanta, con una Rolleiflex al collo, il coraggio di chi crede nel proprio progetto e si mette in gioco, un sorriso sempre acceso, attraversò il mondo per immortalare le anime del Novecento. Fotografò Hemingway a Cuba, Picasso nel suo atelier, Simone de Beauvoir a Parigi, Marc Chagall in Costa Azzurra. Ogni scatto era un incontro, mai un trofeo: Inge sapeva entrare nelle vite altrui con discrezione e leggerezza, per cogliere le storie non solo raccontate, ma vissute, respirate.
Alla fine degli Anni Cinquanta, l’incontro con Giangiacomo Feltrinelli e l’inizio di una avventura che intreccia amore, politica, editoria e visione. Dopo la morte del marito, nel 1972, prese definitivamente le redini della casa editrice, ne sventò la fine e la trasformò, rendendola modello di un’idea di cultura che crea ponti e apre varchi. Prima di lei, entrare in libreria significava non poter neppure sfogliare un libro; lei, invece, immaginava le librerie come avamposti della cultura, spazi familiari, solidali, fedeli al principio di fondo del marchio Feltrinelli che la cultura sia un valore contro l’intolleranza e l’incomprensione.
“I libri sono la vita, i libri sono tutto.” — è una delle sue espressioni più note e riportate. In quelle parole si condensa il suo credo. Per Inge, i libri sono un respiro collettivo che attraversa le generazioni. La lettura — sosteneva - è cibo per la mente: nutre l’intelligenza, accende la creatività, ci permette di vivere mille vite in una sola. Così, mentre costruiva la Feltrinelli moderna, costruiva e anche una comunità di lettori curiosi e liberi.
Villadeati è stata il suo rifugio, la sua radice italiana avvolta nella riservatezza e nella natura. Amava sedersi nei giardini del palazzo, circondata dai libri, con la voglia di raccontare il mondo e con il piacere di raccogliere ancora degli scatti che immortalano ricordi di legami. Era capace di accendere conversazioni, di mescolare lingue, idee, generazioni; il suo salotto protetto dalle colline era sempre aperto a scrittori, studiosi, intellettuali. Non portò solo la sua presenza, ma anche energia, curiosità e anche libri e progetti: contribuì a far nascere una piccola biblioteca, sostenne iniziative culturali, facendo sentire che anche un piccolo borgo può essere una finestra sul mondo. E proprio affacciata a quella finestra ha scelto di restare a riposare per sempre.
Editrice rigorosa e visionaria, donna libera, curiosa, intraprendente e solare, come i colori accesi con cui le piaceva vestirsi, continua a insegnare che la cultura non è un lusso, ma una necessità; che la libertà è la curiosità di guardare il mondo e che quello sguardo si forma nella parola; che si può essere tenere e determinate, ironiche e visionarie, che ogni persona può portare dentro di sé la rivoluzione gentile del pensiero e della parola. Ci ricorda che la scrittura è un modo per abbracciare il mondo, e che ogni libro — come ogni persona libera — è una finestra aperta sul possibile.
Così, Inge Feltrinelli continua a vivere nei libri che ha amato e in quelli che ha fatto conoscere. Camminando per Villadeati, lungo quella via che ora porta il suo nome, sembra di sentirla ancora ridere — con quella risata che chi l’ha conosciuta racconta piena e contagiosa — e sussurrare, come un augurio per tutti noi: “I libri sono la vita, i libri sono tutto.”
