
I TRADIMENTI NELLA BIBBIA
LA PENSAZIONE

Sento l’impulso. Supero la repulsione naturale che mi ispira il computer e lo accendo; le parole scorrono chiare nella mia fronte come uno schermo, acque tranquille dove ci si può abbeverare.
La macchina è ancora abbastanza veloce e senza neanche un piccolo nervosismo apro il mio file, nuovo; sto per scrivere qualcosa sull’essere umano, sarà magari solo un brainstorming ma è un inizio per fare volare questa cosa che mi preme dentro sempre più forte.
Apro il nuovo file, bianco, intonso.
No, non è vero.
Quel che si apre bianco è sovrastato da un menù di opzioni che leggo a righe alterne, un brivido scende lungo la schiena, e il nervoso sale in gola, cercando una parola(ccia) che lo esprima al meglio.

Tralascio il commento ai contenuti negli ovali, e osservo il rettangolo centrale, ad angoli smussati. Mi si perdoni la precisione: mi sono applicata a cercare di ricreare le forme esatte! Mi preme, data la circostanza, chiarire che, nonostante la non più verde età, sono piuttosto avvezza all’uso delle tecnologie informatiche, che, da utente, pratico da quando ho cominciato a lavorare più di trentacinque anni fa. Fra i primi ad accedere al web, dato che mi occupavo di information retrieving and providing pescando da giganteschi database on-line; più in là, come consulente, excel e power point, access: insomma, tutto quanto poteva essere immesso nelle attività di elaborazione dati, trasmissione di documenti e comunicazioni a distanza fra colleghi disseminati nelle varie sedi del mondo. Oggi ancora di più, ovviamente. Ma con un cambio qualitativo sostanziale. Un tempo mi innervosivano i problemi frequentemente riscontrati, le stampanti riottose, i programmi che a tratti si bloccavano causando la perdita di dati, i fax che non partivano. Ma in qualche modo il problema poteva essere risolto, a volte anche senza un intervento tecnico: i prudenti lavoravano sempre con delle copie di backup, la stampante a volte era solo spenta o scollegata, la mail cominciava ad essere una buona alternativa al fax, e la cosa si limitava alla vita lavorativa.
Potevo decidere se, come, quando e perché farne uso, soprattutto.
Quindi, quando oggi in preda al Canto della Diva, mi sono lanciata a scriverne l’ira funesta, le mie belle parole si sono spente quando ho aperto word, documento vuoto, e ho visto il mio documento vuoto già pieno di scritte.
Certo potrei ignorarle, anzi così dovrò fare, ma almeno una volta posso dirlo e scrivere che mi sento abusata. Ho occhi che vedono e un cervello educato a leggere parole, e quelle scritte abusano del mio campo visivo e del tempo di elaborazione che il mio cervello impiega a scartarle come inutili.
Certo è un’inezia. Peccato che di inezie così, anche a me che limito all’indispensabile l’uso di computer e cellulare, ogni giorno, ne arrivano a decine. Micro scritte, micro spot, bolle e popup, tutte che mi dicono cosa fare, cosa essere, pensare, desiderare, abbisognare e soprattutto cosa comprare.
Ma torniamo al punto che più mi colpisce. Quando la didattica era uno stile personale e non un metodo — quindi non so dirvi come abbia imparato o chi mi abbia insegnato a fare così -, ricordo che di fronte al foglio bianco, dopo aver letto e riletto la traccia, c’era un momento in cui i pensieri arrivavano un po’ arruffati e tumultuosi, in cui mi dicevo “ok, cosa vuoi dire? Dillo!” e cominciavo a dire per iscritto, rivolgendomi a un interlocutore immaginario, e pian piano spiegavo quel che avevo iniziato, srotolando la matassa di pensieri per rivolgerli in una trama ordinata, almeno in bozza.
Ora il foglio non è più bianco, anzi prima del foglio abbiamo le istruzioni per l’uso. Per l’uso del pensiero, purtroppo, non del foglio. Che prima di essere un’entità elettronica era un foglio vero che si poteva pure appallottolare e scagliare nel cestino.
Tralascio, ripeto, un commento dettagliato al contenuto dei tre ovali, che prevedono che il pensiero scritto debba essere declinato entro una gabbia di programmazione e organizzazione di qualcosa al fine di raccogliere denaro, o crescita professionale, o un numero specifico di attività da fare, dove, quando, e con quanto denaro. Fine del pensabile.
Con una chicca: se restiamo fedeli alla metafora, un’attività non può essere contemporaneamente “chiave” e “cardine”: come se ne esce? Semplice, e lo stiamo già facendo grazie alla tecnologia più avanzata: smettendo di pensare.
Ma il peggio è leggere, nel rettangolo centrale ad angoli smussati: “Descrivi cosa vuoi scrivere”.
O dunque: per utilizzare questa funzionalità avanzata, intuisco si chiami Copilot, mi si chiede di descrivere. Immagino che un giorno questa funzionalità sarà così avanzata, o forse lo è già ma per fortuna lo ignoro, che basterà che io sbuffi, o pronunci un po’ di parole a caso sul tema di interesse, con accurata mimica facciale, perché lui riesca a raccogliere segnali sufficienti a permettergli di restituirmi in un fiat tutti i miei pensieri finalmente in ordine logico, scritti.
Ma per il momento la macchina mi chiede di descrivere per iscritto, nella finestrella rettangolare con angoli smussati, cosa voglio scrivere.
Cioè mi chiede di scrivere quello che desidero scrivere. E qui la mia limitata mente vacilla.
Torniamo all’stante in cui, piena di poesia, ho aperto il mio file nuovo e vuoto, ho visto che vuoto non era e ho avuto un brivido ghiacciato lungo la schiena, e un’antica profonda e succulenta parola(ccia) è risalita in gola. Descriveva esattamente quel che volevo scrivere, hic et nunc. Quindi l’ho scritta e ho pigiato fiduciosa l’opzione “invia feedback”.
E sì, anche questo è alla base del mio essere umana. Perciò ho messo da parte la Diva e la sua Canzone, che niente avranno mai a che fare con organizzare eventi profit e no, crescite professionali, attività cardine chiave (ma perché non aggiungere altri tre o quattro vocaboli ridondanti e roboanti, magari in inglisc?).
Potrò un giorno ripartire dal mio pensiero, guidata dalla musica interiore che descriverò senza Copilot, finché, come molte cose un tempo facoltative, immagino che non sarà più possibile scrivere nulla senza superare il controllo di tecnologie sempre più evolute. Anzi scriveranno loro, formulando, correggendo e orientando di conseguenza il mio pensiero.
Scrivere utilizzando un software di videoscrittura ha indubbiamente dei vantaggi che apprezzo, e ne faccio volentieri uso. Ma sto cominciando a fare scorta di carta, penna e pensiero, finché non sarà obbligatorio l’impianto di microchip nel cervello, e saremo tutti copilotati non si sa dove, ma non credo mi piaccia.
