
VITA DI GALILEO (parte 2)

CANTARE E’ ALTRO RESPIRO
LETTERA A UN MINISTRO DELL’ISTRUZIONE (prima parte)

Caro Signore, lei di me non conoscerà il nome e neanche l’esistenza. Ne sente tanti. Io invece penso spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che «respingete». Respingete nelle periferie e dimenticate…
In questi giorni, esausta, depongo l’armatura con la quale ogni anno, in questo mese a cavallo fra novembre e dicembre, combatto una battaglia durissima contro… già, contro chi? Contro professori, contro genitori, contro ragazzi, forse? O piuttosto, contro quell’istituzione che chiamate scuola e non funziona, continua a non funzionare nel 2023, come non funzionava ai tempi di Lorenzo Milani, dal quale ho preso in prestito l’incipit di questo articolo? Lui si rivolgeva a una professoressa; io, sua indegna discepola, mi permetto di salire nella gerarchia…
Ogni anno cresce il rammarico, la rabbia; ogni anno mi dico che basta così, l’anno prossimo facciano pure quello che vogliono; e poi ogni anno, torno a lucidare la mia armatura e scendo in lizza a combattere di nuovo dalla parte dei ragazzi. È il tempo del consiglio orientativo: lo detesto, con tutto il mio cuore! Il consiglio orientativo, apparentemente così utile e gentile, è una spada affilatissima a doppio taglio. Almeno quaggiù, nella nostra periferia. Con un taglio, puntuale e dalle conseguenze immediate, trapassa i cuori di ragazzi e genitori; con l’altro, più infido e silenzioso, ferisce a morte la cultura, la società, la crescita del Paese, il suo sviluppo, la sua solidità, il suo posizionamento nel mondo. Di questo secondo taglio, il miope consiglio orientativo sembra sorprendentemente inconsapevole e noncurante, un po’ come l’ignorante che butta una bottiglietta di plastica in mare, una lattina in un bosco, un mozzicone dal finestrino dell’auto, usa tre litri d’acqua fresca per riempire una brocca, va in macchina anche all’edicola dietro l’angolo…
La penna dell’insegnante butta il consiglio orientativo nelle case e, il più delle volte, ferisce nell’immediato un nucleo familiare; a lungo termine, compromette il futuro, quello di tutti. Guardiamolo da vicino, il consiglio orientativo, mettendoci correttamente nei panni dell’insegnante, della famiglia, del ragazzo. L’insegnante è costretto a indicarlo: ha a disposizione una riga e in quella riga deve confinare l’infinito. Conosce un ragazzo, se va di lusso, da due anni e pochi mesi; generalmente da meno, perché è precario e ha cambiato scuola o ha dovuto sostituire un collega, o integrare un organico sguarnito; lo conosce sommariamente, e ancor più sommariamente conosce la famiglia, gli amici, la verità di quel ragazzo che è nel pieno della più profonda metamorfosi che gli toccherà in vita. Quando è scrupoloso e serio, analizza a fondo il quadro generale, si confronta con i colleghi, interloquisce con l’alunno, pensa e poi decreta! Non può fare altro.
E quando non è scrupoloso e serio…?
Poi c’è la famiglia. Quando la famiglia è lucida rispetto al potenziale del ragazzo, raccoglie il consiglio, ringrazia e, consapevole che non si tratti di parola vincolante, se il consiglio coincide con il suo pensiero, ne prende serenamente atto; se non coincide, alza le spalle e tira dritto per la sua strada, nel bene o nel male.
E quando non è lucida e consapevole?
E poi c’è il povero ragazzo, stretto fra due fuochi: qualcuno, volente o nolente, sa cosa fare, ma i più non sanno da che parte voltarsi. Come può, poverino? Sì, gli piacciono le scienze, oppure gli piace leggere, disegna volentieri e canta sotto la doccia… ma ha tredici anni scarsi, combatte già con un corpo che cambia, con una voce che cambia, con un cuore e una testa che cambiano ogni dieci minuti, cosa può dire del suo futuro?
Come può scegliere fra trenta, dico trenta indirizzi (ventisette in realtà, ma il liceo scientifico, oltre che tradizionale, può essere delle scienze applicate o sportivo e il liceo delle scienze umane può essere tradizionale, ma anche socio economico)? Chi sceglie per davvero? Insegnanti, famiglie e ragazzi si battono, illudendosi di essere protagonisti della decisione; noi, accanto a loro, ci laceriamo il cuore e le carni per orientarli al meglio, illudendoci, dal canto nostro, che le cose cambino con il passare degli anni, dei governi, del clima, chissà…
Poi, con le membra estenuate, reduci da ore e ore di lotta combattute con le armi dell’ascolto, del dialogo, dell’esortazione decisa, della consolazione, dell’affiancamento, con massicce infusioni di coraggio, di fiducia, di stima, rassegnati, ancora una volta guardiamo negli occhi il sovrano assoluto della scelta della scuola superiore, anno scolastico 2023–2024: eccolo lì, caro Signore, l’artefice dei destini: è il CONTESTO SOCIO ECONOMICO della famiglia! Lo riconosce? Ogni anno ritorna, vivo e vegeto, vigoroso e affilato più che mai, nel 2023 come nel 1960, con buona pace del progresso, della lotta di classe, con buona pace di Lorenzo Milani che lottava contro di lui sessant’anni fa. Non si schiera apertamente con lui nessuno, né l’insegnante, né la famiglia, né il ragazzo; nemmeno lei, caro Signore, eppure a vincere è ancora e sempre lui. È il contesto socio-economico l’acciaino su cui si affilano le lame del consiglio orientativo, inconsapevole strumento nelle mani di ben più spietato dittatore!
Imparo tutto da Lorenzo Milani che non parlava, se non avvalorando le sue parole con scrupolose e accurate tabelle. Pochi dati per dare sostanza a questa mia desolante conclusione, a questa triste realtà. Realtà milanese, ma se Milano funziona così, dubito che altrove le cose vadano meglio…
Ebbene, Milano, città di forma circolare, contiene al suo interno un cerchio piccolo, chiamato Municipio 1, quello del Duomo, per intenderci. Da qui, come grandi fette di torta, si diramano altri sette municipi: dal centro alla periferia, da una punta stretta a un bordo ampio, come una crostata. Vivo in prossimità della punta e lavoro vicino al bordo del Municipio 7: di questo posso parlare, offrendo il risultato di una piccola indagine, svolta presso alunni di terza media, a me molto vicini, licenziatisi nell’ultima sessione di esami di giugno. Vediamo:
V., 3B, scuola situata nelle vicinanze di Corso Vercelli, arteria del municipio immediatamente confinante con la circonferenza centrale. Ventidue ragazzi: otto idonei al liceo classico, nove al liceo scientifico.
S., 3H, scuola nelle vicinanze di via Foppa, zona molto vicina a quella centrale. Venticinque ragazzi: sette idonei al liceo classico, dieci al liceo scientifico.
G., 3D, scuola nelle immediate vicinanze del complesso residenziale City Life. Ventiquattro ragazzi: sei idonei al liceo classico, undici al liceo scientifico.
Spingiamoci un po’ fuori.
V. 3B, scuola nelle adiacenze di via Forze Armate, al di là della circonvallazione esterna. Ventuno ragazzi: due idonei al liceo classico, sette al liceo scientifico.
S. 3F, scuola nelle adiacenze di via Forze Armate, Baggio nucleo storico. Ventidue ragazzi: uno idoneo al liceo classico, tre al liceo scientifico.
A. 3G, scuola nelle adiacenze di via Forze Armate, Parco delle Cave. Venti ragazzi: nessuno idoneo al liceo classico, quattro al liceo scientifico.
Caro Signore, mi dica, non è sorprendente come i ragazzi indirizzati al liceo abitino per lo più verso il centro città (dove, peraltro, rarissimi sono odontotecnici o assistenti socio sanitari in pectore o aspiranti enogastronomi), mentre in periferia si concentrino tutti gli appassionati di ottica, di ospitalità alberghiera, di grafica, che difficilmente potrebbero sopportare lo studio del latino, della filosofia, della fisica e della storia dell’arte? Cosa ne pensa? Sarà una questione dell’aria che si respira?
Siamo nel 2023, caro Signore, e l’istituzione che chiamate scuola non riesce a spezzare ancora la catena che inesorabilmente lega il ceto di un ragazzo e la scelta degli studi superiori. Tutti dottori in centro, tutti tecnici e artigiani in periferia, che strano! Dove è l’attenzione ai talenti, ai sogni, al potenziale ancora nascosto nelle pieghe dell’animo di un ragazzo all’inizio della terza media? Dove è il coraggio della classe dirigente di offrire a ciascun figliolo della nostra epoca un percorso realmente corrispondente alle sue attitudini e ai suoi desideri e le risorse materiali per aiutare la famiglia a vincere il terrore delle spese universitarie? Che senso ha, poi, lamentarci del fatto che l’Italia sia l’ultimo paese in Europa per numero di laureati?
Alcuni modesti spunti di riflessione. Per prima cosa, vorrei dire che un ragazzo ha il diritto di vivere serenamente il suo anno di terza media, nella sua interezza (così come avrà diritto di vivere il quarto e quinto anno di scuola superiore, guastati oggi dal dramma dei test universitari). Basta consiglio orientativo sotto l’albero di Natale! Spostiamolo sotto l’ombrellone semmai, quando uno studente sarà cresciuto di diversi mesi (sappiamo tutti quanto cambiamento porti un solo mese a tredici anni), avrà terminato il suo triennio, si sarà misurato con il primo esame della sua vita e con un giudizio anche esterno. Il consiglio orientativo a dicembre inficia il proseguimento dell’anno scolastico; se errato per eccesso, autorizza tacitamente un rilassamento nell’impegno e a una dannosa autoconsapevolezza; se errato per difetto e non gradito al ragazzo e alla famiglia, compromette il rapporto docente / discente, scoraggia e toglie energia allo studio; marchia i ragazzi e favorisce tacitamente la divisione all’interno della classe, limita l’orizzonte e riduce la curiosità in ragazzi che si vedono negare aprioristicamente la possibilità di conoscere nuove discipline.
Problemi di iscrizioni e logistica, mi si risponderà. Ebbene, risolveteli questi problemi: lavorate sul sistema di iscrizioni e sulla logistica, è il vostro lavoro! Badate che, contro ogni legalità, alcune scuole superiori usano il consiglio orientativo – non vincolante! – come strumento di selezione.
Ancora: la fiera degli open day rende la scuola superiore merce da centro commerciale. È il contenuto dello studio che va presentato approfonditamente, il contenitore dovrebbe essere buono, sempre e ovunque, così come la qualità dell’insegnamento naturalmente! I ragazzi aderiscono a ogni richiamo delle sirene: ogni scuola che vedono è la più interessante, quella che garantirà loro un ricco futuro , quella con più iniziative, quella dove il rapporto resa scolastica/ore di studio è il più favorevole. Fino alla prossima visita alla prossima scuola! La vicinanza e la comodità dovrebbero essere l’unico criterio sano di scelta della scuola, una volta individuata la tipologia. Proprio come a un centro commerciale, oggi vincono gli istituti che esibiscono in vetrina il bar più ricco, i laboratori più moderni (dove si andrà due volte l’anno, ma i ragazzi non lo sanno) e le palestre meglio attrezzate.
Mi piacerebbe anche che la si smettesse con la divisione sommaria fra scuole facili e scuole impegnative: ogni scuola è impegnativa per chi la affronta con determinazione, serietà e amore per la propria crescita culturale.
E mi piacerebbe anche che la si smettesse con la ridicola demonizzazione e denigrazione delle materie umanistiche; si accorge che i ragazzi usano cento parole in croce, non sanno più scrivere, né parlare? Basta con la semplificazione di tutto, basta con l’esterofilia, con il modello d’oltre oceano: la scuola italiana è stata un’eccellenza e ancora, nonostante tutti i magistrali tentativi di affossarla, brilla rispetto a molte scuole europee. Perché tanta paura del latino, della geografia, dei temi, delle interrogazioni orali, delle domande aperte? Se avete dubbi voi sull’importanza di conoscere la propria lingua, la propria storia e il mondo, sulla necessità di misurarsi seriamente con le prove della vita, voi, adulti del mestiere, come può crederci un ragazzo di tredici anni?
Caro Signore, le scriverò ancora per confrontarmi con lei a proposito della maestosità della nostra cultura che dovrebbe essere elargita a piene mani in ogni scuola di ordine e grado, al “liceo classico” così come all’ “istituto professionale pesca commerciale e produzioni ittiche”; per ora, mi basta dirle che in Piccioletta barca, Centro di cultura per ragazzi, nato con l’obiettivo primo di spezzare questa inossidabile catena fra ceto sociale e scuola superiore, sito un po’ in periferia, dove ogni giorno cerchiamo di profondere passione e amore per il sapere, e di inondare i ragazzi delle medie con tonnellate di bene, ogni anno, fra novembre e dicembre, fatichiamo dannatamente per incoraggiare a iscriversi alla scuola dei loro sogni ragazzi intelligenti, dotati di un cuore e una testa ricchi ugualmente, talvolta assai di più, della testa e del cuore dei loro coetanei che abitano qualche isolato più in centro, dove c’è meno nebbia.
Non combattiamo solo per loro; combattiamo anche per noi, per il futuro, per il nostro paese geniale e per un pianeta dove donare oggi a un ragazzo la più ricca preparazione culturale possibile, farlo sognare in grande, dargli fiducia quando ha tredici anni è importante esattamente come, no, è molto più importante di non buttare una bottiglietta di plastica in mare, di non sprecare l’acqua, di andare a piedi invece che in auto…