
LA PICCIOLETTA SCRIVE

LETTERA A UN MINISTRO DELL’ISTRUZIONE (prima parte)
VITA DI GALILEO (parte 2)

Il nuovo sabato accademico, dedicato a Vita di Galileo di Brecht, segue di pochi giorni l’incontro domenicale con due ospiti di eccezione, Bruna De Marchi e Silvio Funtowicz: sociologa lei, da sempre impegnata nella spinosa questione della comunicazione e della legislazione relativa ai grandi rischi; filosofo della scienza lui, illustre pensatore della post normal science, giovane movimento filosofico che aiuta la scienza a non guardare a sé come a un solitario masso erratico, dai bordi netti e definiti, circondato dal nulla, ma come un sapere immerso in un contesto in cui deve fare i conti con l’uomo, con la sua bellezza e la sua meschinità, con il suo inesorabile limite e il suo potenziale infinito, con le altre discipline, con gli altri pensatori. La scienza non può e non deve essere protagonista solitaria, oggettiva e imparziale degli eventi, nemmeno di quelli che, erroneamente, solo in lei cercano soluzione e conforto. Un esempio per tutti, lampante, noto anche ai ragazzi: il Covid 19. Affare della scienza, cercare e trovare i vaccini; affare di ogni uomo misurare e misurarsi sulle ricadute esistenziali, sociali, economiche, spirituali. La scienza non è più “normale” e, come accoratamente ha detto Funtowicz ai ragazzi, costruire una scienza che guardi al contesto e ai valori è una sfida che devono raccogliere loro!
Esattamente quello che Galileo dice al suo piccolo amico Andrea...
Li rincontriamo là dove li avevamo lasciati. Per racimolare un po’ di denaro, Galileo prende e rielabora il cannocchiale olandese, ancora sconosciuto in Italia, e ne vanta l’invenzione nei dotti ambienti scientifici; non una banale impostura, perché Galileo del cannocchiale fa un sofisticato telescopio, con il quale si mette a osservare meticolosamente il cielo, riuscendo a dare evidenza scientifica alle sue grandi intuizioni: è la terra a girare intorno al sole, non il contrario! Non sia mai! Un terremoto di sdegno sconvolge il tranquillo sapere scientifico; un vecchissimo cardinale dipinto magistralmente da Brecht, tuona contro il sacrilego pisano che ha tolto l’uomo dal centro dell’universo per relegarlo su una stella di periferia; nemico del genere umano, nemico di Dio, ingrato e blasfemo! Eppure, in un primo tempo, padre Cristoforo Clavio, astronomo della Santa Sede, di fronte al Gran Collegio, afferma che la tesi di Galileo è corretta: «adesso i teologi dovranno provvedere a rimettere in ordine il cielo, avete vinto!», dice Clavio. «La ragione ha vinto, non io», risponde felice lo scienziato! E pronuncia qui una frase che molto ha da dire ai nostri ragazzi: «Chi vive in grande trova anche il modo di procurarsi le scarpe più grandi!». Vivere in grande significa avere coraggio, allontanarsi dalla costa conosciuta e sfidare l’ignoto: chi sa fare questo, troverà sempre il modo di procurarsi il necessario, materiale e non, per vivere all’altezza del proprio cuore! Lo affermiamo con passione e tono accorato e i ragazzi ci puntano addosso i loro occhioni, troppo, e troppo spesso, velati dall’ombra della paura di buttarsi nel mondo, di fare scelte ardite: per molti di loro è tempo di scegliere la scuola superiore, tempo di drammi, quaggiù in periferia…
La vittoria di Galileo è più effimera di quella di Pirro e così, poco dopo, i cardinali Bellarmino e Barberini, alla presenza del Cardinale Inquisitore, durante una festa romana, annunciano che la teoria copernicana è stata dichiarata eretica dal Sant’Uffizio. Galileo è messo a tacere. E tacerà per ben otto anni. Si svolge qui un toccante dialogo fra lo scienziato e frate Fulgenzio, suo amico astronomo. Fulgenzio comunica al maestro la decisione di interrompere gli studi di astronomia e di sentirsi più sereno così: pensa ai suoi vecchi genitori contadini che trovano la loro pace e il senso del loro sacrificio quotidiano nella certezza di abitare il centro dell’universo, sotto l’occhio vigile del buon Dio: come farebbero ad alzarsi all’alba, a caricarsi dei loro pesi, se sapessero di abitare una stellina di periferia, senza avere la certezza che lo sguardo di Dio e di tutte le gerarchie celesti si posi su di loro? E conclude con una domanda insidiosa, dal sapore un po’ ottimistico, un po’ fatalistico, un po’ comodo: «Ma non credete che la verità, se verità è, si farà strada anche senza di noi?» La risposta di Galileo è inequivocabile: «No! No! No! La vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano! (…) Parli dei contadini come fossero muschio sulle loro capanne. Certo che se non si agitano, se non imparano a pensare, poco può aiutarli il più efficace sistema di irrigazione! (…) scopo della scienza non è tanto quello di aprire la porta all’infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all’infinita ignoranza!».
Le parole di Galileo sono le nostre parole per i nostri ragazzi: non abbandonatevi alla illusione, dolce, ma non opportuna in questo tempo, che il bello di voi emergerà anche senza di voi, che la giustizia trionferà anche senza di voi, senza tutta la vostra grinta, il vostro coraggio, la vostra capacità di rischiare e mettervi in gioco giorno dopo giorno, ora dopo ora! Agitatevi, imparate a pensare, altrimenti nulla, nemmeno il più efficace e prezioso degli aiuti vi sarà di vero aiuto. Non esistono stelle del centro e stelle di periferia, quando si è imparato a pensare…
Proseguiamo il racconto: Galileo dunque è chiuso nel suo diplomatico silenzio, quando il cardinale Barberini, scienziato, diventa papa con il nome di Urbano VIII. Galileo è sollevato alla notizia e crede di poter continuare i suoi studi astronomici. Pubblica opere in lingua volgare, la sua fama è grande, tutti parlano di lui e delle sue teorie, persino gli stallieri, cosa che inquieta non poco il Cardinale Inquisitore, il quale, in dialogo con il nuovo papa, gli chiede di riconoscere la colpevolezza dello scienziato. «Il mondo è percorso da un’inquietudine nefanda (…) possiamo noi fondare l’umanità sul dubbio anziché sulla fede? Quel malvagio sa ciò che fa quando scrive le sue opere non più in latino, ma nell’idioma volgare di pescivendoli e lanaioli». Un passaggio cruciale. Che la scienza scriva in volgare perché il popolo comprenda non è una vittoria del popolo, ma una sconfitta della scienza! La scienza, la cultura tutta, risulta incomprensibile ai più perché, piano piano, si sta togliendo ai più la possibilità di comprenderla. Lo si fa da secoli, semplificando, semplificando tutto a dismisura, dalla lingua ai concetti, dalla forma ai contenuti. Cari ragazzi, che ci abbiano tolto il latino dalla scuola non è una vittoria, ma una cocente sconfitta perché tante cose non le possiamo più capire nella loro verità profonda; che ci tolgano la geografia, le poesie a memoria, la scrittura corsiva… non è vittoria, è drammatica sconfitta, anche se il vostro giogo vi pare più leggero e ne siete lieti! Tutto quello che non ci è dato conoscere è conoscenza in meno. Diceva Lorenzo Milani: «ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo (sic) domani!». Combattete per studiare di più, mai per studiare di meno…
Proseguiamo rapidamente con il racconto: Galileo viene processato a Roma. La figlia Virginia e Andrea, promettente scienziato ormai, aspettano trepidanti l’esito dell’interrogatorio. Con dolore pungente, apprendono che Galileo ha abiurato le sue dottrine: vivrà, certo, ma la scienza è sconfitta e umiliata. Galileo è criticato e abbandonato da tutti. Passano altri anni, siamo nella campagna fiorentina, dove Galileo vive con la figlia sotto l’occhio vigile dell’Inquisizione. Arriva Andrea, bravo e coraggioso scienziato, in procinto di partire per l’Olanda per dedicarsi liberamente ai suoi studi. Vuole salutare il maestro verso cui nutre affetto ma non più stima. Galileo, dopo avere ascoltato l’amarezza del giovane, gli rivela di aver scritto una nuova opera, i Discorsi sulle nuove scienze, e gliela consegna: ha abiurato solo per paura del dolore fisico, ma non ha smesso di lavorare. Andrea, sollevato e felice, si congeda dal maestro, nascondendo sotto il mantello il volume che porterà con sé oltralpe: le guardie, svogliate e ignoranti, lo lasceranno passare, senza perquisire il suo prezioso carico di cui non capiscono la rivoluzionaria portata, ignoranti!
Terminata la lettura dell’opera, dialoghiamo con i ragazzi su alcuni temi importanti: il primo è la scelta: scegliere è sempre rischioso. A volte un ragazzo si reputa in grado di scegliere, a volte gli fa comodo che qualcuno scelga per lui. Ne sono consapevoli? In quali momenti scelgono loro, in quali fanno scegliere agli altri? Non sembra facile rispondere: Arianna pensa che scegliere sia opera squisitamente razionale e consista nel soppesare ogni volta pro e contra, pregi e difetti; mica semplice, ribatte Mattia che dice che, laddove non si sente sicuro, chiede aiuto e si lascia guidare nella scelta. Scegliere è difficilissimo, anche le cose più banali, ammette Emma con serenità. Approfondiamo, soffermandoci su un sinonimo della parola “scelta” che perfettamente ne dice la valenza preziosa: si tratta di “decisione”, sostantivo che deriva dal verbo latino decidere, a sua volta composto di caedo, ossia taglio: decido significa letteralmente “taglio via”. Ogni decisione comporta il taglio di un pezzo che non ci sarà più: non un dramma, non una condanna, ma una necessità preziosa della vita, il senso stesso della vita! Pensiamo al grande blocco da cui, un colpo dopo l’altro, Michelangelo toglieva/tagliava marmo per trovare la verità ultima di quel marmo, la sua forma magnifica… Non bisogna avere paura di decidere, di scegliere: senza decisioni continue, per quanto difficili, la vita sarebbe pesante e anonima come un pesante e anonimo blocco di marmo; solo decidendo, e lasciando che persone care e fidate, come sapienti scultori, ci aiutino a decidere, la nostra vita prenderà via via la sua forma bella, quella scritta in noi.
Un secondo affondo lo facciamo a proposito del sapere che fa sempre paura al potere. Oggi, almeno in Italia, non ci sono più sistemi di oppressione che fanno violenza sui cittadini, ma certamente fa ancora comodo che la gente comune sappia poco. Te ne rendi conto? Ti hanno mai messo a tacere per qualcosa che invece sapevi? A questo proposito, la consapevolezza dei ragazzi è buona e interessante: i ragazzi spesso vengono messi a tacere dagli adulti e ne soffrono: lo confessa Matilde che, quando parla con il nonno di temi ambientali, costantemente sbatte contro la presunzione dell’anziano di conoscere la verità del mondo. E per quanto concerne la verità, poco sappiamo – dice Arianna – delle cause ultime di guerre e conflitti, delle loro ragioni e dei loro sviluppi. Poco abbiamo saputo anche del Covid in verità, aggiunge Gabriele e Elisabetta conclude che anche l’utilizzo di internet con l’accettazione dei cookies ci porta a compiere azioni e scelte di cui non siamo consapevoli pienamente.
Vita di Galileo di Brecht è un’opera politica che, con le parole finali dello scienziato, ci insegna che «finché l’umanità continuerà a brancolare nella sua nebbia millenaria di superstizioni e di venerande sentenze, finché sarà troppo ignorante per sviluppare le sue proprie energie, non sarà capace nemmeno di sviluppare le energie della natura che le vengono svelate». L’energia di ogni uomo, di ognuno di noi, si sprigiona, si alimenta e si rinnova con la cultura, la conoscenza e la consapevolezza che ne derivano.
Energia, una volta ancora, è cultura…